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Aiutatemi problema di fede da parte di mio fratello

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Giuseppe Fiorella
view post Posted on 25/4/2014, 16:32




Salve a tutti sono nuovo in questo forum. Mi sono iscritto in quanto nel giorno di pasqua é nata una discussione a tavola tra mio fratello (ateo) e noi altri credenti. In pratica nel momento della preghiera di mia sorella più piccola
si rifiutava di fare il segno della croce. Insomma parlammo per più tempo di questo argomento e mio fratello diceva di non credere in Dio in quanto secondo lui se Dio ci vuole bene infinitamente perché fa nascere i bimbi malati portatori di handicap , bambini autistici ecc. ecc. Questa domanda mi ha colpito molto e riflettendoci non hotrovato una risposta . Ho pensato anch'io che se Dio ci vuole bene non farebbe morire i bambini e non farebbe nascere i bambini dawn. Aiutatemi a troare una risposta.
 
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Ester80
view post Posted on 26/4/2014, 15:18




Carissimo Giuseppe,
la tua è una domanda che imperversa spesso sui social, ed ha origini molto antiche, riassumendosi nell'interrogativo che il fedele si poneva secoli e secoli fa: Si Deus, unde malum?. Cioè: se Dio esiste, da dove viene il male?
Questa domanda meriterebbe lunghe ed approfondite risposte, da parte di teologi ed esperti.
Io non lo sono, ma provo a dirti quello che so.
Innanzitutto, Dio non è Babbo Natale.
Sembra un'ovvietà, ma non lo è: per molti, Dio deve essere il dispensatore dei doni ed assicurare la felicità ai suoi figli riempiendoli di cose belle, allontanando il male, dando loro tutto quel che può. Sempre. Ogni giorno.

In primis, dobbiamo ricordare che la natura stessa ci insegna che un buon genitore, volendo fare del bene a un figlio, non può dargli solo i premi, ma deve insegnargli a vivere.
Sembra un atto di pietà aiutare una farfalla ad uscire dal bozzolo che si dibatte nervosamente, e invece è una cosa sbagliata, perché quel continuo movimento per fendere il batuffolo, serve alle ali per irrobustirsi e volare. Tagliando il bozzolo, le ali della farfalla restano umidicce...e inutili...
Nel campo umano, nessun genitore è solo il "Babbo Natale" che compra, regala, dona...ma è anche il maestro e, che lo si voglia o no, il giudice delle azioni dei propri figli. Senza una guida, unicamente nel Paese dei Balocchi, quale futuro potrebbe esserci per ciascuno di noi?

Eppure i genitori "terreni" cercano di dare il meglio ai figli, vero? Lo dice anche Gesù: "Quale padre dà un sasso ai figli, se essi chiedono pane, o una serpe, se chiedono del pesce? Se voi siete capaci di dare cose buone ai vostri figli, così il Padre vostro che è nei Cieli".
Detto così, la tua obiezione diventa quasi scandalo: ma come, Gesù ha promesso la bontà da parte di Dio, e poi sulla Terra vi è tanto male, specie sugli innocenti?

Se torniamo all'esempio della farfalla, io che taglio il bozzolo credendo di fare del bene, compio un'azione sbagliata perché non lascio libera la farfalla di crescere per poi volare: impongo la mia visione della vita, fatta di comodità, ad un altro essere per cui quella visione non va bene.

Dio non agisce così. Essendo Sapienza infinita conosce ciò che è bene per ciascuno di noi, ma, essendo Amore infinito, non lo impone. Ci lascia liberi di scegliere, e sempre aspetta che torniamo a Lui con tutto il cuore: come nella parabola del Figlio prodigo, il Padre sempre aspetta il ritorno di un figlio che ha voluto tutto il bene, ma non ha saputo gestirlo, l'ha perso, e crede di averlo perso per sempre, finché non capisce il suo errore e si converte, cioè cambia direzione (cambia verso, si dice oggi in politica) nel pensare e nell'agire, e torna da suo Padre.

Quanti lo fanno? Pochi!

Ed è per il cuore di pietra di molti, specie ricchi, potenti, che hanno nelle loro mani un potere qualsiasi, economico soprattutto, che esistono piaghe come lo sfruttamento, la miseria, la fame...e Dio li lascia fare perché se a me sembrano peggio delle bestie moleste, ai Suoi occhi quelli sono sempre figli! E come dà a me la libertà, Dio la dà anche a te e a loro.

Ma come si gestisce la libertà? Quello è il punto!
Chi non ci crede, pensa che tutto gli sia dovuto, tutto sia perfetto, tanto...io sono ricco, io mangio, io mi permetto gli sfizi, degli altri che me ne importa? Ma non sarà sempre così: Gesù ha spiegato più volte - nelle apparizioni, ampliando i passi del Vangelo - che chi ha molto sulla Terra difficilmente avrà molto nei Cieli, poiché il Padre ama i Suoi figli e vuol dar loro una grande ricompensa. Se però non può darla nei Cieli, la darà sulla Terra, perché poi di là non sarà possibile...

E veniamo al capitolo malattie. Perché tante malattie? Perché tanti tumori?
In primis, non dimentichiamo che molte cose le vuole l'uomo: tante malattie sono nate dallo stile di vita che oggi la società impone. Mi riferisco alle nevrosi, ai problemi d’ansia: tutti chiamati a superare l’altro, ad essere più belli - soprattutto - e più “vincenti” del prossimo. Se non si facessero queste stupide gare, forse non avremmo tanti suicidi, specie giovanili.
Poi: il male, e qui il Vangelo lo dice chiaro e tondo, non viene per castigo o per peccato, ma perché si manifesti l’opera di Dio. E qual è l’opera di Dio: solo la guarigione fisica? No: la conversione del cuore! Ed è per quello che dei dieci lebbrosi, uno solo fu salvato: quello che capii la Grazia che aveva ricevuto. Gli altri furono sazi e paghi della loro ritrovata salute, ma non lodarono Dio, e non ringraziarono Gesù.

Infatti: come mai Gesù chiede ai malati: “Cosa vuoi che faccia per te?” oppure: “Vuoi guarire?”?
Sembra un controsenso, una domanda stupida: se uno non vede cosa vorrà mai? Vorrà vedere!
Se uno ha la lebbra cosa vorrà? Vorrà guarire!
Eppure Gesù chiede, non impone, non passa e distribuisce doni come il Babbo Natale che vorremmo noi. Chiede: “Lo vuoi davvero?” perché se le due volontà, quella di Dio che mi ama e vuole il meglio per me, e la mia, sono in accordo, io guarisco. E se non nel corpo, giacché vi sono forze che hanno bisogno di “molti digiuni e preghiere” (sempre detto nel Vangelo), nello spirito sicuramente (e qui ti rimando all’ottimo contributo di Don Giorgio CLICCA QUI).
Lì avviene la grande opera di Dio, che molti chiamano miracolo (perché per la scienza tale è una cosa che non si spiega materialmente) ma che è in realtà una situazione naturale verso la quale siamo chiamati a tornare.

Mi dirai: ma allora tutti quelli che non guariscono non credono?
Ti risponderò: Gesù Cristo, Figlio di Dio, è stato torturato barbaramente, giudicato come un delinquente e infine ucciso. Gesù, Figlio di Dio, è passato attraverso la porta della morte e del sepolcro. Quindi la morte non è risparmiata a noi umani, nemmeno con la Resurrezione abbiamo avuto l’immortalità fisica (cioè il non morire mai); la sofferenza, caro Giuseppe, è uno dei distintivi del Messia (Servo Sofferente dell’Eterno), e Cristo non poteva essere tale se non incarnando questa figura così tragica e dolorosa.

Come dunque tutti gli umani muoiono, così tutti (anche io, tu...) sperimentano la sofferenza. Vi sono anime che la sperimentano in modo più forte e concreto, rendendo visibile il Cristo deriso, giudicato, agonizzante, debole, morente. Sono anime alle quali va tributato un onore grandissimo perché Gesù le ha volute simili a sé. E questo non senza scopo: infatti, attraverso le loro sofferenze, è possibile la redenzione di molti. Con l’esempio, il coraggio, l’amore che sa dare solo chi sta male. E male per davvero eh: non tutti i diversabili sono una piaga (io non inserirei la sindrome di Down tra i “mali/castighi”)... ;)

L’Amore di Dio, quindi, rende simili al Cristo sofferente le anime che Egli vuole, affinché attraverso il loro Calvario, molti vedano Gesù che soffre per loro, e si convertano. Dio vuole dare a tutti il Paradiso, ma ci sono condizioni precise per accedervi: non c’è Amore, infatti, senza la Giustizia.

Bene, spero di essere stata sufficientemente chiara. Se vorrai approfondire, noi siamo qui! ^_^
 
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Ester80
view post Posted on 26/4/2014, 16:55




In calce a questo:

La riflessione del vescovo di Brescia sulla tragedia di Cevo
Quella croce caduta e la fede che ci sorregge



Una croce, alzata in ricordo della visita del Papa, si spezza e uccide un ragazzo di ventun anni; e questo alla vigilia della canonizzazione di Giovanni Paolo II. La coincidenza non può che dare forza alla notizia e suscitare interrogativi, quegli interrogativi che inevitabilmente si pongono quando accade una tragedia: perché avvengono cose simili? Il Signore non poteva impedirlo? Cosa gli sarebbe costato fare avvenire il crollo poche ore dopo, quando non ci sarebbero stati pericoli per nessuno? E più in genere: è possibile inserire nella propria visione di fede un evento come questo? O dobbiamo solo confessare la nostra impossibilità di capire? Dobbiamo riconoscere che la fede è credibile nel contesto caldo di una chiesa, ma è costretta a diventare muta davanti alle sofferenze più gravi dell’uomo? No, la fede, in eventi come questo, c’entra e molto.

Non la possiamo mettere da parte; siamo invece costretti, per lealtà e sincerità, a purificarla. Siamo costretti ad abbandonare una concezione miracolistica come se la fede fosse il modo per proteggere magicamente la nostra vita da tutte le tempeste che la possono sconvolgere. Siamo piccole creature, in un mondo molto più grande e più forte di noi; basta una minima grinza della natura, del mondo per schiacciare irrimediabilmente un’esistenza. Questa condizione di fragilità è la nostra; siamo portati a dimenticarla volentieri perché ci inquieta, ma è quella di ogni uomo, anche del più abile e potente. D’altra parte Dio non è un attore del mondo come gli altri; non interviene regolarmente a cambiare il corso degli eventi della natura; non cambia i modi e i tempi in cui il legno marcisce o i metalli arrugginiscono per premiare qualcuno o eventualmente per punire qualcun altro. Dio ci ha messo nelle mani un mondo che possiamo conoscere, in cui possiamo imparare a vivere, che possiamo anche trasformare responsabilmente perché il contesto di vita sia più favorevole. Ma il mondo, la natura, rimane duro, inflessibile. A volte ci gratifica, a volte, come in questo caso, ci schiaccia. La fede non garantisce una franchigia magica da questa condizione di fragilità e di debolezza.

A che cosa serve allora? Se non ci protegge in frangenti come questo, a che cosa serve la fede? Serve a mantenere la speranza, a trasformare le esperienze tragiche in solidarietà, in amore fraterno, in vicinanza, in condivisione. Serve a trovare la forza di portare il peso della tragedia senza diventare cinici e rassegnati come se nulla avesse senso e come se tutta la fatica che facciamo a vivere fosse pura ostinazione di creature illuse. Siamo ancora nel grande giorno di Pasqua, giorno di vittoria sulla morte. Ma, lo dobbiamo ricordare, una vittoria che si è compiuta attraversando la morte, non scansandola. Gesù non ha potuto evitare di morire; ha potuto, invece, trasformare la sua morte in una forma di obbedienza a Dio e di amore agli altri. È per fare questo che la fede ci è indispensabile; ed è nel fare questo che si può aprire per noi uno spiraglio di speranza. È la speranza che chiediamo al Signore per i genitori di Marco: davanti alla loro sofferenza siamo costretti a tacere con immenso rispetto. Ma possiamo sempre sentirci vicini a loro e pregare perché il Signore li avvolga con la sua consolazione.

Luciano Monari, vescovo di Brescia.

FONTE: http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/cro...e-sorregge.aspx
 
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