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La legalizzazione della droga, Un inganno del Maligno

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Ester80
view post Posted on 10/1/2014, 22:47




Cannabis, riparte il circo degli spinellati
di Alfredo Mantovano
10-01-2014



Il dibattito politico-mediatico è periodicamente attraversato da “argomenti-zombi”, cioè da tematiche che nel magma del post '68 sono poste a scadenze ricorrenti al centro dell’attenzione: quando sembra che le ragioni di ordine logico, scientifico e giuridico abbiano la meglio, anche nella traduzione in legge, e che la questione possa ritenersi finalmente archiviata, da qualche anfratto lo “zombi” torna in superficie, con i medesimi luoghi comuni di dieci, o venti, o trenta anni prima.

Sulla legalizzazione della marijuana le espressioni-chiave, ascoltate, riascoltate, e già contraddette, sono le seguenti:

l’ “erba” non fa male, anzi aiuta a “socializzare”, certamente a passare una serata in spensieratezza;

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ci sono gli spacciatori poveri e gli spacciatori ricchi; i primi sono buoni, svolgono quasi una funzione sociale, i secondi sono cattivi, e con la “canna di Stato” saranno finalmente sconfitti;

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ognuno decide della propria salute, è libero di farsi del male a piacimento (ammesso che ci sia del male) senza intromissioni da parte dello Stato.

Oggi, come nei decenni passati, anzi più che nei decenni passati, grazie a conferme sempre più accurate che provengono dalla scienza e dalla medicina, è agevole ribadire che:

la distinzione fra droghe pesanti e droghe leggere è falsa; la “leggerezza” di alcune droghe semplicemente non esiste. Un quarto di secolo fa le perizie sui derivati della cannabis che circolava fra gli assuntori individuavano il thc, acronimo di delta9tetraidrocannabinolo, il principio attivo di tale sostanza, quello che provoca l’effetto stupefacente, mediamente nell’1-1,5%. Da tempo non è più così: è frequente trovare “spinelli” con principio attivo equivalente anche al 15-20-25%. Con effetti devastanti e progressivamente irreversibili sulla psiche e sul fisico;

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lo spaccio, anche se svolto sotto la spinta della dipendenza da sostanze stupefacenti e per procurare a sé delle altre quantità, provoca sempre danni gravi per l’intera comunità. Nessuno però è mai andato in carcere per la semplice detenzione o assunzione di uno spinello. Nessuna legalizzazione peraltro potrà mai essere completa, a meno di non immaginare che un bambino possa recarsi tranquillamente in una tabaccheria e acquistare tutta l’“erba” che vuole: ogni legalizzazione avrà dei limiti, di età e di quantità. Quelle organizzazioni criminali che la legalizzazione dovrebbe sconfiggere opereranno oltre il superamento dei limiti che verranno fissati!

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sulla libertà di farsi male senza che lo Stato si intrometta, nessuno ha mai contestato il principio ispiratore della legge che impone il casco alla guida delle motociclette: eppure, in caso di incidente, il danno potenziale riguarda esclusivamente il soggetto che viola la norma. Nessuno lo ha mai contestato perché la Costituzione, ma prima ancora il buon senso, pongono alla base della convivenza il principio di solidarietà, che si articola in diritti – quelli, per es., di ricevere cura e assistenza in caso di difficoltà – e in doveri: nel momento in cui io ledo la mia salute a seguito di miei comportamenti, mi sottraggo all’adempimento dei quei doveri, e costringo le istituzioni a impiegare risorse ed energie per soccorrermi. Perché l’identica logica non dovrebbe valere anche per la diffusione e per l’uso degli stupefacenti?

Prima della legge di riforma del 2006, l’ordinamento era al tempo stesso lassista e inutilmente rigorista. Lassista nel momento del contatto con la droga da parte del potenziale consumatore: anche la detenzione di quantitativi considerevoli di stupefacenti, che non fosse accompagnata da gesti univoci di cessione a terzi, era penalmente irrilevante: la giurisprudenza era giunta a ritenere non punibile la detenzione di decine di grammi di eroina, e perfino la cessione finalizzata al "consumo di gruppo"; se mancava la prova della predisposizione per lo spaccio, non vi era alcun limite di illiceità per la detenzione. Inutilmente rigorista sul fronte del recupero; capitava di incontrare in comunità persone che vi erano entrate agli arresti domiciliari, che avevano affrontato con successo la terapia al punto da diventare educatori, e che però erano in procinto di finire in carcere perché nel frattempo erano maturate le condanne per i reati commessi a causa della tossicodipendenza.

Con la riforma del 2006 è stata eliminata ogni fuorviante distinzione fra droghe leggere e droghe pesanti: i danni dei derivati della cannabis (hashish e marijuana), più volte illustrati da documenti del Consiglio superiore di sanità, hanno dimostrato la frequente progressione all’uso di altre droghe, la riduzione delle capacità cognitive, di memoria e psicomotorie, oltre che schizofrenia, depressione e ansietà. La riforma ha fissato la linea di confine fra la detenzione che rappresenta illecito amministrativo e la detenzione che costituisce illecito penale. Il confine è stato stabilito in modo oggettivo da una tabella; oltre il limite che la tabella indica per ogni sostanza stupefacente vi è una presunzione di pericolosità anche nella detenzione. Se la droga detenuta oltrepassa quel limite, operano le sanzioni penali; se è al di sotto di quel limite operano le sanzioni amministrative.

Le sanzioni amministrative sono: sospensione della patente di guida, del porto d’armi, del passaporto, del permesso di soggiorno per motivi turistici, e fermo amministrativo del ciclomotore in uso. Sono disposte dal prefetto che, se ne ricorrono le condizioni, propone un programma di recupero. Le sanzioni penali, oltre il limite oggettivo di cui si è detto, non sono state aumentate, e seguono criteri di gradualità: resta, per le ipotesi meno gravi, la diminuente del fatto di lieve entità. Dunque, è falso che, in base alla legge attuale, chi fuma uno spinello va in carcere. Sull’applicazione di sanzioni amministrative simili a quelle già in vigore, è bieco proibizionismo sospendere la patente di guida a chi fa uso di droga? Siamo tranquilli se apprendiamo che l’autista del pulmino che accompagna i nostri bambini a scuola è un allegro spinellatore?

Con la riforma del 2006 il carcere viene evitato se si accetta il recupero, in comunità o col servizio pubblico; e può essere evitato, anche da parte di chi rifiuta un recupero concordato, se ci si impegna in un lavoro sostitutivo, per un periodo pari a quello della reclusione. In presenza di un programma, si può sospendere con maggiore larghezza l’esecuzione della pena detentiva irrogata in via definitiva: mentre prima il limite di pena che consentiva la sospensione era di 4 anni di reclusione, il nuovo limite è stato elevato a 6 anni di reclusione. In questo modo si è permesso a una fascia più ampia di tossicodipendenti di affrontare con maggiore fiducia il percorso di riabilitazione. A fianco a queste, altre disposizioni – che spesso hanno il limite di venire sabotate nella concreta applicazione – riguardano l’attività di prevenzione nelle scuole e la valorizzazione del ruolo delle comunità.

La legge in vigore non è né proibizionista né antiproibizionista. L’antiproibizionismo aggrava il dramma della droga, favorendone la più ampia diffusione; il proibizionismo in sé non risolve nulla, dal momento che la questione droga non può ridursi a un problema di diritto penale. Quella che è stata introdotta dal 2006 è una via diversa, che investe sulla prevenzione e spinge con tutta la forza possibile verso il recupero. Nella consapevolezza che la legge dello Stato è un tassello importante, ma non è la bacchetta magica: si inserisce, e per certi aspetti promuove, una strategia più ampia, che dovrebbe coinvolgere le famiglie, il volontariato, le comunità, la scuola, e i tanti giovani e meno giovani che vogliono essere aiutati a uscire da quella dipendenza che stronca una vita dignitosa. In uno sforzo comune per l’affermazione della libertà dalla droga. La libertà della droga è già stata sperimentata, ha fallito, e non può tornare come “zombi” e pretendere credibilità.

Fonte: www.lanuovabq.it/
 
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Ester80
view post Posted on 11/1/2014, 11:34




Leggiamo un'illuminante conversazione su Yahoo Answers: http://it.answers.yahoo.com/question/index...23034113AAu1uyY

Titolo: Ragazzi ma la smettiamo di dire ke la marijuana è una droga pesante?non ha interazioni con il ciclo?
Risposte:
1. SCELTA COME MIGLIORE RISPOSTA: la marijuana è usata anche come medicinale xke allevia i dolori...certo è meglio non abusarne come tutto al mondo. ma di certo non fa male...
2. l'unico effetto che può avere (ovverossia lo riscontrano il 70% delle ragazze) è di alleviare i dolori del ciclo, per il resto nulla di nulla.
3. sicuramente non è pesante ma è pure sempre una droga.........e durante il ciclo allevia i dolori!
4. fumi marijuana x il ciclo?? ahahha grandeeee!! ma fuma quando ti pare che fa bene sempreeeee!!!
5. Si è ottima, e io la trovo utile anche per il mal di testa... Ma per il ciclo è sicuramente un toccasana perchè rilassa i muscoli. SICURAMENTE FA MENO MALE DEGLI ANTIDOLORIFICI "CLASSICI" che fanno arricchire le case farmaceutiche!

Perché mettere qui ua discussione di Yahoo Answers, che notoriamente non si distingue per la correttezza scientifica delle risposte (e io aggiungo: anche delle domande)?

Perché Yahoo è, ad ogni modo e pur sempre al netto dei cretini che affollano il web, è uno spaccato interessante delle ideologie contemporanee. Abbiamo cinque risposte e tutte orientate alla santificazione della cannabis: siamo dinanzi a ben cinque troll che non hanno niente da fare, o forse quest'idea circola davvero e pienamente nelle menti dei nostri (più e meno) giovani?

Per non parlare dei commenti ad una notizia apparsa su blitzquotidiano: http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-ital...age-1/#comments dove si invoca la libera coltivazione privata delle piante, catalogate e classificate con cura da molti utenti (che, magari, leggono quattro cose da internet e sciorinano una sapienza con frasi a stampino).

Ecco il motivo per cui continuo qui, in False Dottrine, il discorso sulla legalizzazione della droga: perché l'idea secondo cui la droga farebbe addirittura bene, tanto più se proviene da coltivazioni DOC e DOCG, è solo un'altra illusione di cui si serve il mondo per massacrare l'umanità.

Cannabis, non chiamatela “droga leggera”
«Strumentali le ragioni di chi vuole legalizzarla»



Parla a Tempi Giovanni Serpelloni, capo dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del consiglio dei ministri: «Chi ha a che fare con i tossicodipendenti sa che il 90 per cento ha iniziato con le canne»
Marijuana, smettiamola di dire che non fa male. Nella settimana in cui l’Italia torna a interrogarsi sulla possibilità di legalizzare la cannabis, è il Capo Dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei Ministri Giovanni Serpelloni a spiegare a Tempi.it quanto sia importante non sottovalutare una serie di informazioni tecnico-scientifiche che mettono in luce chiaramente i danni che l’uso dell’erba arreca al consumatore: «È pericolosa per la salute mentale e fisica, propria e altrui». Serpelloni, medico, una vita professionale spesa a studiare e curare dipendenze, ricorda gli studi più recenti, dove emerge che a subire i maggiori danni sono i giovani: «Le conseguenze più gravi sono sulle capacità cognitive, specie se si comincia in giovane età». E cita un dato: «C’è uno studio, in particolare, che ha provato che chi fa uso di cannabis prima di 18 anni rischia una perdita del quoziente intellettivo di anche 8-9 punti». Per non parlare dell’incidenza che può avere in incidenti stradali e professionali, violenze o sulle persone che già hanno patologie psichiatriche.
Ragioni strumentali. A far scoccare la scintilla sul tema della legalizzazione sono stati in questi giorni le parole di alcuni politici: aveva cominciato il leghista Fava («Credo valga la pena cominciare a parlarne seriamente»), gli aveva fatto eco il leader di Sel Nichi Vendola («Il proibizionismo non è altro che manna dal cielo per i narcotrafficanti»), per poi arrivare ad una proposta di legge firmata da Luigi Manconi (Pd). Tante posizioni, tutte sostenute da ragioni che Serpelloni non si fa problemi a definire «strumentali». A partire dall’uso che si vorrebbe fare della marijuana per scopi medici: «Esistono già farmaci che contengono cannabinoidi che possono essere utilizzati in alcuni casi. Ora che si parla di legalizzazione, non serve enfatizzare troppo questo scopo, basta guardare a quanto successo negli Usa: l’82 delle prescrizioni fatte a scopo medico risultano essere abusive».

Video
Paolo Borsellino, già nel 1989, affermava che legalizzare la droga per combattere il narcotraffico è da dilettanti:
Forse non si riflette che la legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime ad essere investite dal mercato clandestino. Resterebbe una residua fetta di mercato clandestino che diventerebbe estremamente più pericoloso, perché diretto a coloro che per ragioni di età non possono entrare nel mercato ufficiale, quindi alle categorie più deboli e più da proteggere. E verrebbe ad alimentare inoltre le droghe più micidiali, cioè quelle che non potrebbero essere vendute in farmacia non fosse altro perché i farmacisti a buon diritto si rifiuterebbero di vendere. Conseguentemente mi sembra che sia da dilettanti di criminologia pensare che liberalizzando il traffico di droga sparirebbe del tutto il traffico clandestino e si leverebbero queste unghia all’artiglio della mafia.

Serpelloni riprende quindi pienamente il pensiero di Paolo Borsellino (NdR):

Non è leggera. La legalizzazione che impatto avrebbe sulla criminalità? È vero che gli sottrarrebbe “quote di mercato”? «Anche questa è la solita storia. Questo modello è stato anche studiato da alcuni analisti economici. In realtà, l’impatto che la legalizzazione della marijuana avrebbe sui traffici illeciti sarebbe bassissimo: gran parte del commercio delle organizzazioni mafiose si costruisce sul traffico di sostanze più pesanti». Non ha neanche senso attuare una distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere con una divisione che in tanti, a partire da Matteo Renzi, hanno chiesto di reintrodurre. «Chi ha avuto a che fare con i tossicodipendenti sa che almeno il 90 per cento di loro hanno iniziato con la cannabis». E anche qui ci sono numeri che parlano chiaro: il 16 per cento dei ricoveri per intossicazioni acute da droghe è dovuto alla cannabis, un valore che cresce fino al 44 se esaminato solo tra i minorenni.

«Come possiamo chiamare “leggera” una sostanza che produce simili effetti?».

Autore: Emmanuele Michela
Fonte: www.tempi.it
 
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Ester80
view post Posted on 11/1/2014, 14:11




Io, prof, degli spinelli
ho imparato a scuola


Non è vero che un bravo insegnante deve insegnare bene, e basta. L’insegnamento non è cultura soltanto. È vita. Per insegnare ai ragazzi, devi vivere la vita dei ragazzi. Leggere quel che leggono. Interessarti a quel che li interessa. Vedere i film che vedono. E, oggi, fare i viaggi che fanno, anche i viaggi in web.

Un insegnante è una guida, e oggi dovrebbe essere (è la mia opinione) anche una guida nel web. Alcune esperienze che, mentre le vivevo, mi sembravano devianti rispetto all’insegnamento, più passa il tempo più mi accorgo che erano centrali. Tra queste, il lavoro nel primo Centro Regionale Anti-Droga fondato in Italia. Ci si riuniva tutte le settimane, tre professori e uno psichiatra che faceva da presidente, si discutevano i rapporti della polizia (arresti, sequestri, furti, risse), si discutevano le ultime notizie (droghe tagliate male, cecità, collassi), si esaminavano le direttive comportamentali dei movimenti giovanili, si visionavano i filmati di test ai ragazzi sotto droga, droghe leggere, droghe pesanti. I movimenti giovanili più seguiti allora diffondevano (anche nei manifesti e nelle scritte sui muri) una direttiva che torna periodicamente fuori: «Fumo sì, buco no».
Tradotto significava: marijuana sì, eroina acido e coca no. Si diceva che il fumo non faceva male. Anzi, consolava, ritemprava, confortava, infondeva euforia, faceva dormire bene, aiutava a socializzare. Perciò, quando visionavamo i filmati dei test su ragazzi che facevano uso di droghe, osservavamo con più attenzione i casi che presentavano le droghe leggere. Erano test sull’attenzione, la sveltezza, la reattività.

Il ragazzo è seduto, ha fumato una buona quantità di marijuana, viene filmato di spalle. È alla playstation. Deve guidare un’auto che va in là. Su una strada a due corsie, una in là, l’altra in qua. Vede in tempo le auto che vengono in qua, sta sulla sua destra, le evita. Gira il volante con garbo, ha una guida elegante, mi sembra sicuro. C’è un incrocio, un’auto si sta immettendo da destra, ha già iniziato la manovra. Il nostro pilota avanza imperterrito, l’auto da destra deve frenare di colpo. Non succede niente, nessun incidente. Ma lo psichiatra ha un sussulto, e capisco che nel suo cervello entra lo stesso dubbio che è entrato nel mio: il nostro pilota vede in tempo le auto che s’immettono dai lati? Ha una buona visione laterale? O ha soltanto una visione frontale? Poi, nel commento del test, lo psichiatra ci spiega che il ragazzo sotto marijuana «non sta bene in piedi»: se si mette su una gamba sola, cade. E non rispetta le distanze di sicurezza, nel senso che per lui le distanze diventano più lunghe. Se l’auto davanti a te impacca le ruote, tu, se sei sotto cannabis, perdi qualche secondo prima di frenare, col risultato che vai a sbattere.

Nei test, i nostri spinellati non vedono sempre lo stop, o lo vedono con ritardo, quando ormai non ha più senso fermarsi, e allora proseguono. Un’indagine che ho qui davanti dice che in Italia i consumatori di marijuana sono il 15% della popolazione. In quel 15% ci sono in gran parte i ragazzi delle scuole, ed esattamente nelle suole medie superiori. Ogni volta che sento le stragi del sabato sera, mi domando: non è che c’è un rapporto col non vedere le auto che s’immettono dai lati, e non vedere in tempo gli stop, e non farsi bastare le distanze di sicurezza?

Ho avuto studenti che fumavano marijuana, me li ricordo bene. Non erano infelici. Ma erano, moravianamente, indifferenti. Se prendevano un brutto voto, non se ne facevano un problema. Li vedevo peggiorare di settimana in settimana. Ero io ad essere infelice, per loro. Dico questo perché ho rilasciato dichiarazioni e interviste allarmate per la liberalizzazione delle droghe leggere, e mi arrivano insulti da ogni parte, come se io non volessi la felicità dei ragazzi. Ma se non ho cercato altro che quella, in tutta la vita! Ne ricordo di così spinellati, che non han superato la Maturità e si son ritirati. Non era meglio se si maturavano e poi si laureavano?

Ferdinando Camon

Fonte: www.avvenire.it
 
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Ester80
view post Posted on 19/1/2014, 11:39




Marijuana legale? Avete messo troppe balle nei vostri cannoni.
Tutte le bugie del partito antiproibizionista



Si infoltisce in Italia il fronte bipartisan della cannabis libera. Nel nome addirittura della salute, della giustizia e dell’economia. Quante panzane!

La cannabis fa male. Danneggia l’apparato respiratorio e quello immunitario, causa tachicardie e mal di testa, influisce sulla memoria e sulla capacità di concentrazione, fa venire meno la coordinazione e la prontezza dei riflessi. Dice il ministero della Salute che «l’assunzione in dosi elevate può comportare l’insorgere di paranoie e manie di persecuzione. Se consumata per lunghi periodi, la cannabis può dar luogo a quella che è definita sindrome amotivazionale, un disturbo caratterizzato da distrazione, apatia, riduzione delle attività, incapacità di gestire nuovi problemi, compromissione del giudizio e delle abilità comunicative».
Eppure ciclicamente la richiesta di depenalizzare o legalizzare o liberalizzare la produzione e il consumo di cannabis fa la sua apparizione nel dibattito politico italiano, specie all’approssimarsi di vigilie elettorali. Secondo l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, il 22,3 per cento dei giovani italiani fra i 15 e i 24 anni d’età fa uso di cannabis nel corso dell’anno: siamo terzi in Europa dopo cechi e spagnoli. Anche tolti i minorenni, è un bel bacino di potenziali elettori, se diamo retta a quello che vent’anni fa cantavano gli Articolo 31: «Le vacanze le farò in Giamaica dalla mia Maria bella, aspetto e intanto voto Pannella».

Dal 1975 (data del primo arresto del leader radicale per aver fumato uno spinello in pubblico) la questione appare e poi scompare dai radar della politica. Stavolta però c’è una novità. Alla storica battaglia antiproibizionista ispirata all’individualismo libertario dei Radicali improvvisamente sembra unirsi un fronte politico trasversale che coinvolge esponenti e in alcuni casi leader di Lega Nord, Partito democratico, Sinistra e Libertà, Rifondazione comunista, eccetera. È cambiato qualcosa nel panorama generale? Oh, sì.
Gli Stati Uniti, in passato nemici giurati di tutte le droghe, si stanno avviando a grandi passi verso la legalizzazione generalizzata di marijuana, hascisc e prodotti derivati. Un processo iniziato con l’autorizzazione dell’uso medico della cannabis, oggi in vigore in ben 21 stati della federazione, e approdato all’inizio di quest’anno alla legalizzazione dell’uso ricreativo nel Colorado e nello stato di Washington. Poi c’è il fatto che i bilanci statali, di qua e di là dell’Atlantico, sono schiacciati dai debiti, e i governanti e gli aspiranti tali se le fanno venire in mente tutte per ridurre le uscite e per incrementare le entrate fiscali senza ritoccare le aliquote della dichiarazione dei redditi o le imposte sui generi di consumo di base, azione destinata a far perdere caterve di voti.

Entrate fiscali, stime a capocchia
Ora, la legalizzazione e la tassazione della cannabis, come pure quella della prostituzione e del gioco d’azzardo (contro il quale i governi europei fingono di combattere), promettono ricche entrate. Uno studio dell’università di Harvard del 2010 ha stimato risparmi e proventi di una completa legalizzazione delle droghe negli Stati Uniti. Da sola la depenalizzazione della marijuana permetterebbe al governo federale e ai singoli stati di risparmiare 22,3 miliardi di dollari all’anno di spese per le politiche di repressione (operazioni di polizia, processi, carcere ed altre forme di restrizione); tassando spinelli e prodotti a base di cannabis allo stesso modo dell’alcol e del tabacco, si genererebbero nuove entrate fiscali pari a 6,4 miliardi di dollari all’anno.
L’Italia, si sa, dai tempi del Piano Marshall è una provincia politica e culturale dell’Impero americano. Per la legalizzazione delle droghe vale il medesimo principio dell’istituzione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso: finché era una roba dei paesi scandinavi e del Benelux, a noi ce ne calava poco; ma da quando la Corte suprema degli Stati Uniti ha creato dal nulla questo nuovo diritto umano, anche dalle nostre parti il numero dei favorevoli ha preso a crescere. Figuriamoci se lo spinello libero in Colorado e Washington, con Barack Obama che chiude un occhio e non manda i federali ad arrestare tutti (come dovrebbe e potrebbe fare), non suscita mimetismi a go-go.

Poi c’è il fatto che da qualche tempo l’Italia è uno dei paesi industrializzati più indebitati del mondo. In Europa siamo secondi soltanto alla Grecia in rapporto al Pil (133,3 per cento contro 169,1) e secondi soltanto alla Germania in termini assoluti (2.076 miliardi di euro contro 2.146, ma i tedeschi hanno più Pil e più abitanti di noi). La combinazione sembra perfetta per un rapido allentamento della guardia rispetto a una sostanza il cui consumo, una volta legalizzato e tassato, consentirebbe una boccata di ossigeno alle casse dello Stato. Anche se il beneficio è difficile da quantificare e inciderebbe in misura lievissima sul debito pubblico.
Gli antiproibizionisti scrivono – e L’Espresso rilancia la loro stima – che la legalizzazione porterebbe nelle casse dello Stato 8 miliardi di euro all’anno. Sembra proprio una cifra sparata lì come quelle che i radicali diffondevano sul numero degli aborti clandestini e dei decessi ad essi dovuti quando facevano propaganda per la depenalizzazione delle interruzioni volontarie di gravidanza. Se Harvard stima entrate fiscali per 6,4 miliardi di dollari all’anno dalla legalizzazione della cannabis in America, un paese che ha sei volte gli abitanti e presumibilmente sette-otto volte i consumatori che ha l’Italia, come si fa a credere che da noi le entrate fiscali di un provvedimento analogo sarebbero addirittura più alte di quelle americane del 60 per cento? I soliti conti all’italiana.

Il boom dei consumatori
Sia come sia, la legalizzazione della cannabis in Italia permetterebbe di aumentare i proventi del fisco (buttiamo là: di 1 o 2 miliardi di euro, non di più) e di far uscire qualche migliaio di detenuti dalle prigioni (9 mila, dicono i radicali, anche se valgono i dubbi di cui sopra). Ma a quale prezzo? Non è difficile immaginarlo. Il numero dei consumatori, al contrario di quanto Luigi Manconi ed altri asseriscono, crescerebbe, e quindi di conseguenza avremmo più studenti di scarso o nullo rendimento, più incidenti stradali, più depressi, più schizofrenici, più paranoici, più infettati da malattie sessualmente trasmissibili, più alcolizzati, più eroinomani e cocainomani, ovvero in una parola più politossicodipendenti. Tutto questo è già scientificamente dimostrato. Avremmo insomma più gente che fa del male a se stessa e agli altri.
Che la legalizzazione di marijuana e hascisc porterebbe a un aumento del numero dei consumatori dovrebbe essere intuitivo, e comunque non è difficile da provare. Per dimostrare il “fallimento” delle politiche proibizioniste viene citato il lieve ma costante aumento di consumatori di cannabis nel mondo, che secondo l’ultimo rapporto dell’Unodc, l’ufficio delle Nazioni Unite che si occupa di droga e criminalità, ammonterebbero a 180,6 milioni (vedi tabella qui sotto).

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l ragionamento è davvero bizzarro, perché alla stessa stregua bisognerebbe dire che le politiche di repressione contro furti e rapine sono fallimentari, poiché ladri e rapinatori non si sono mai estinti, e che i divieti di sosta per le auto sono un enorme fallimento, dal momento che le contravvenzioni per questa infrazione stradale restano numerosissime e in aumento. Ma a parte la logica claudicante, occorre far notare che a fronte di 180,6 milioni di persone che nel corso di un anno fanno ricorso a quella droga illegale che è la cannabis (e il dato del ricorso su base mensile è probabilmente la metà), c’è un miliardo e passa di fumatori che quotidianamente si accendono almeno una sigaretta composta di quella droga legale che si chiama tabacco. E mentre il consumo di cannabis è (finora) concentrato nelle fasce giovanili della popolazione, quello del tabacco o di un’altra droga legale come l’alcol è diffuso in tutti i gruppi di età. C’entrerà il fatto che il tabacco è legale e la cannabis illegale?

L’Unodc parla di “effetto contenimento generazionale” delle politiche di repressione della produzione e vendita di droghe vietate. Il proibizionismo funziona come un freno sul consumo che influenza soprattutto i comportamenti delle persone più mature di età: mentre i giovani sfidano in gran numero la legge, gli adulti si mostrano meno disponibili a perseverare in comportamenti trasgressivi che magari hanno praticato negli anni giovanili. Il consumo di alcol e tabacco, come quello di droghe proibite, vedono l’iniziazione all’uso della sostanza nel corso dell’adolescenza o all’inizio dell’età adulta, ma mentre la percentuale dei consumatori di sostanze illegali cala drasticamente con l’avanzare dell’età, questo non avviene per alcol e tabacco, droghe legali, che continuano ad essere utilizzate da chi le aveva accostate in età giovanile.
Altro argomento antiproibizionista che fa acqua da tutte le parti è quello che sottolinea la minore pericolosità per la salute dei danni da cannabis rispetto a quelli da tabacco, alcol e droghe “pesanti” come eroina e cocaina. Che le sostanze psicotrope citate siano più dannose della cannabis è certo: basta guardare le statistiche dei decessi causati dall’alcol e dal tabacco, nelle quali le vittime sono calcolate a milioni. Ma c’è un problema: la cannabis non sostituisce queste droghe, ma spessissimo si accompagna ad esse. Chi fuma spinelli fuma anche tabacco, si sbronza e attua altri comportamenti a rischio, per esempio pratica sesso casuale e senza cautele o si mette alla guida di un veicolo pur trovandosi in stato di alterazione sensoriale. Perché l’assunzione di cannabis allenta i freni inibitori propri e altrui: è questo uno dei motivi per cui spesso viene consumata in gruppo. Ritrovarsi con amici a bere alcolici e fumare cannabis è comportamento diffuso. I controlli notturni di polizia sugli automobilisti attestano l’evidenza del fenomeno.

Scrive il Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio: «Gli effetti derivanti dall’assunzione contemporanea di cannabis e alcol, una delle associazioni più frequentemente riscontrate tra i conducenti, possono essere additivi e moltiplicativi. Nel primo caso, gli effetti di entrambe le droghe sono approssimativamente equivalenti alla somma degli effetti delle due sostanze insieme. Nel secondo caso, gli effetti delle due droghe assieme sono maggiori rispetto agli effetti delle singole sostanze. Pertanto, gli effetti derivanti dall’uso combinato di alcol e cannabis sono più severi rispetto a quelli conseguenti dall’uso di entrambe le sostanze, assunte singolarmente».

«Scatena disturbi psichici latenti»
Un capitolo scarsamente esplorato ma molto allarmante sugli effetti della cannabis è poi quello che riguarda la sua capacità di slatentizzare i disturbi psichiatrici: in una società dove il disagio psichico è sempre più diffuso, la pericolosità sociale della cannabis è sotto questo aspetto crescente. Come scrive Gianpaolo Guelfi, uno dei più grandi esperti italiani del rapporto fra tossicodipendenze e malattie mentali, «soggetti con affezioni psichiatriche quali disordini schizofrenici o psicosi correlate a tale disturbo sono da considerare a rischio, perché l’uso di una droga psicogena come la cannabis ha l’effetto di esacerbare i disturbi psicotici (deliri, allucinazioni, sintomi di derealizzazione e depersonalizzazione) nei soggetti schizofrenici. In casi di vulnerabilità, nei quali ancora la patologia latente non si è espressa apertamente, l’uso di cannabis può scatenare un disturbo fino ad allora sopito o controllato». Gli studi sull’argomento non mancano. Nel 2011 è uscita una ricerca svedese, basata su uno studio durato 35 anni su 50 mila maschi, pubblicata da Pschycological Medicine, rivista scientifica dell’università di Cambridge. La ricerca ha scoperto che i consumatori frequenti di cannabis hanno quattro volte più probabilità di manifestare schizofrenia dei non consumatori e due volte di più altre psicosi.

Infine va sempre ricordato che dal consumo frequente di cannabis si passa facilmente a quello di sostanze più pesanti. Non c’è nessun automatismo, ma una correlazione statistica dimostrata. Ancora Guelfi: «Tra coloro che non hanno mai usato marijuana, solo l’1 per mille ha usato eroina; coloro che hanno usato marijuana da 100 a 999 volte nella vita, hanno usato eroina in ragione del 12,4 per cento; infine, i più forti fumatori di cannabis, cioè coloro che hanno usato marijuana 1.000 o più volte, hanno usato eroina nella misura del 33,2 per cento. Questi dati mostrano con evidenza che il numero di consumatori di eroina in una popolazione di consumatori di marijuana, cresce con il crescere della frequenza dell’uso di quest’ultima. Se non si può affermare che l’uso di cannabis è la causa dell’uso di eroina, si deve sostenere che l’uso di cannabis è un fattore di rischio serio rispetto a tale uso».
Certo, ci si può consolare sostenendo, come fa Vendola, che la legalizzazione toglierebbe ai narcotrafficanti la «manna dal cielo» rappresentata dai guadagni criminali in regime proibizionista. Cose del genere si dicevano a proposito della mafia quando l’alcol era stato messo fuorilegge negli Stati Uniti. Si è visto poi quanta fatica abbia fatto a riciclarsi in altre attività, compresa quella del narcotraffico. Vogliamo depenalizzarle tutte, per tagliare l’erba sotto i piedi alla grande criminalità? Dopo però non chiedeteci di giurare lealtà e pagare le tasse allo Stato spacciatore, pappone e biscazziere.

AUTORE: Rodolfo Casadei.
FONTE: http://www.tempi.it/marijuana-legale-avete...iproibizionista.
 
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