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Un tormentone dei protestanti: la presunta idolatria delle statue cattoliche

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Katholikòs
view post Posted on 27/8/2012, 19:21




Di E.R. - 27/08/2012


IMMAGINI SACRE TRA SCRITTURA E DEVOZIONE

Molte volte è capitato di sentire discorsi del tipo: i Cristiani adorano le immagini di cui riempiono le loro chiese, mentre nella Bibbia è detto “Non ti farai immagine alcuna di Dio”. I Cristiani, di conseguenza, leggono la Bibbia a modo proprio, contravvenendo a quanto Dio ha ordinato a Mosè.

In questo articolo, quindi, prenderò due strade per confutare l’immane sciocchezza cara a protestanti, pauperisti che, in nome di San Francesco, dimenticano quanto il Poverello amava ripetere: ai piedi dell’altare deporre la miseria (e con lui il Santo Curato d’Ars, che ebbe una talare rattoppata all’inverosimile, pur di risparmiare e comprare così qualcosa per la chiesa), schitarranti che rimproverano alle Parrocchie la spesa per arredi sacri nuovi e degni (perché magari vorrebbero qualche soldino per la loro opera impropria, alla faccia del lavoro gratuito di cui ci si riempie la bocca), e altra simile, infausta, progenie.

La prima strada è quella del discorso biblico.

In Esodo 20, 4-5b e Deuteronomio 5, 8-9b, si legge:

Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.
Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso.

In prima battuta possiamo notare che è di fatto negato all’uomo qualsiasi rappresentazione di alcuna cosa creata: seguendo questo discorso, dovremmo affermare che non solo è vietato dipingere o scolpire ciò che riguarda l’aldilà, ma anche qualsiasi altra cosa creata esistente al mondo! Quindi nemmeno i giocattoli per i bambini dell’epoca avrebbero potuto essere realizzati, giacché spesso rappresentavano animali, cioè ciò che è quaggiù, sulla terra.

Ma andiamo avanti: è stato appena fatto divieto all’uomo di fabbricare qualsiasi oggetto che riguardi la vita terrena e quella di Cieli ed inferi.

Curiosamente, subito dopo, Dio afferma: Non ti prostrerai dinanzi a loro, né li servirai.
Se l’uomo non può fabbricarli, come fa ad adorarli? Se mi viene vietato di costruire un idolo, come posso io prostrarmi dinanzi ad esso?

A questo punto, in genere, cadono i castelli di carte di chi tira lo sgambetto ai Cristiani, specie Cattolici, lo sperimentai anche in discussioni – oggi non più esistenti – riguardanti proprio quest’aspetto. Ed è anche il punto che preferisco, perché introduce due aspetti importanti: la letteratura dell’epoca e...la disubbidienza di Dio!

Dunque, riguardo il genere letterario della Bibbia, non vi sono dubbi che l’Opera possa essere considerata, filologicamente parlando, un poema epico, con tutte le caratteristiche tipiche di esso: stratificazioni, elementi di eziologia, resoconti di battaglie, cronache politiche, tutti atti a cementare la coscienza comune di un popolo, a riunirlo intorno al proprio background culturale, tramandandolo di generazione in generazione. Non siamo quindi distanti dagli altri grandi poemi epici del Mediterraneo antico. Ed esattamente come tali opere, il nucleo più antico della Bibbia dovette essere tramandato per lungo tempo oralmente, prima di essere messo per iscritto, come dimostrano i lunghi intermezzi cadenzati o poetici che troviamo spesso nel Pentateuco, ideati così per essere più facilmente memorizzati e recitati, o raccontati.

Ora, una caratteristica tipica dei poemi epici è la paratassi, la costruzione semplice delle frasi accostate e non subordinate, che garantiva appunto una migliore memorizzazione dei contenuti: essa, dunque, sostituiva in moltissimi luoghi l’ipotassi, che avrebbe sì spiegato meglio il senso del discorso, ma avrebbe spezzato l’andamento musicale e poetico del brano, e, se usata quando dovuto, cioè spesso, avrebbe reso difficile la memorizzazione di frasi complesse.

Dato che qui c’è proprio un esempio lampante, giacché la seconda frase costituisce un capoverso, possiamo facilmente supporre, da un punto di vista filologico e letterario, che il senso della frase originale sarebbe dovuto suonare: Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra, per prostrarti davanti a loro e per servirli. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso.


michelangelo_pieta

A conferma della nostra supposizione, abbiamo la proposizione causale in terza frase – e quindi una subordinata – la cui presenza appare necessaria ai fini di una corretta comprensione dei motivi del divieto precedente. A questo punto, immettere ben due proposizioni subordinate finali nella frase precedente avrebbe significato un appesantimento, un linguaggio più prosastico che poetico e dunque inadatto al brano corrente, la cui importanza imponeva una memorizzazione perfetta.

In genere quest’argomentazione viene accompagnata da sbadigli e disinteresse, causati da somma ignoranza da parte di chi ascolta ma non è in grado di seguire il discorso.

Allora passiamo all’altra argomentazione, quella che fa balzare tutti dalla sedia: la disubbidienza di Dio!

Eh già!

Infatti, se Dio ha ordinato di non creare immagine alcuna, come mai, appena qualche capitolo dopo, dice a Mosè:

Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del coperchio. Fa' un cherubino ad una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio alle sue due estremità. I cherubini avranno le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio; saranno rivolti l'uno verso l'altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il coperchio. (Es 25, 18-20)

Ma non era vietato costruire idolo o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo? Se la frase successiva non avesse – in realtà – funzione finale, Dio starebbe consigliando a Mosè di...disubbidire al Suo Comandamento! E con quale ragione poi? Nientepopodimenoché la costruzione del primo e grande Tabernacolo della Storia, lì dove si riuniva la Storia d’Israele, con la manna, le Tavole, il bastone fiorito di Aronne. Ovvero, Dio – se si accetta pedissequamente l’assurda costruzione paratattica – dice a Mosè di raffigurare la disubbidienza ad un Comandamento proprio su un arredo sacro d’importanza capitale!

Vi pare possibile?

Se invece accettiamo la reale costruzione ipotattica finale, ecco che abbiamo la risposta al nostro interrogativo: Dio non disubbidisce a Sé stesso, chiede a Mosè di adornare l’Arca con figure di Angeli perché essi avranno una pura funzione decorativa e non cultuale.

Allora il popolo venne a Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti". Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita". Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita. (Nm 21, 7-9)

Dio, nella Sua infinita potenza, avrebbe potuto escogitare un altro metodo per guarire gli Israeliti dal veleno. Ma, per la seconda volta, chiede a Mosè di costruire un’immagine e addirittura di farla guardare affinché chi era stato morso dal serpente non morisse avvelenato.

Il serpente di rame aveva quindi una funzione particolare datagli da Dio. Il popolo, però, con l’andar del tempo, iniziò a trattare questa statua come una divinità, gli diede persino un nome e lo trattò come un idolo. A quel punto, il serpente venne distrutto, come descritto nel Secondo Libro dei Re:

Nell'anno terzo di Osea figlio di Ela, re di Israele, divenne re Ezechia figlio di Acaz, re di Giuda. Quando egli divenne re, aveva venticinque anni; regnò ventinove anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abi, figlia di Zaccaria. Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, secondo quanto aveva fatto Davide suo antenato.
Egli eliminò le alture e frantumò le stele, abbatté il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, eretto da Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso e lo chiamavano Necustan. (II Re 18, 1-4)

Su Yahoo Answers c’è una simpatica discussione di un anticlericale qualsiasi, il quale afferma che noi Cattolici abbiamo paura di raccontare la storia del serpente di rame fino in fondo, e manipola tutta la vicenda a modo proprio, per poter avere ragione in qualche modo. Io spero vivamente che passi di qui e si schiarisca le idee, anche se quando si ragiona per partito preso non c’è discussione che tenga. Il simpatico personaggio, con una furia invasata e le citazioni con i due punti (protestante? Testimone di Geova? Ignorante qualsiasi? Boh!), afferma che questo passo inchioderebbe i cristiani e sarebbe una prova del fatto che non devono esistere statue in chiesa.

Il mio consiglio è quello, innanzitutto, di fare pace con i neuroni, poi - eventualmente - di allontanarsi da chi legge la Bibbia in inglese e poi la traduce a modo suo, e infine di studiare bene la Scrittura, giacché questo passo non fa che confermare quanto comandato da Dio nel Decalogo: le immagini si possono fare (altrimenti non si avrebbero neanche i giocattoli per i bambini), l’importante è non venerarle come divinità reali, poiché:

Gli idoli delle genti sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
Hanno mani e non palpano,
hanno piedi e non camminano;
dalla gola non emettono suoni.
Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida. (Sal 114, 4-8)


Un “saluto” con segno di croce rivolti ad una statua, che sappiamo bene essere solo un’espressione artistica di colui o colei che vive nei Cieli, è dunque da vedersi per ciò che è: un semplice tramite tra noi e il Santo o lo Santa raffigurata. Ma su questo ci torneremo a breve.

Per chiudere la parentesi sul serpente di Cor, posso soltanto aggiungere che Dio ha disubbidito un’ultima volta, e in modo grandioso, al Suo Comandamento, quando ha mandato sulla terra Suo Figlio Gesù.

Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto". Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me”. (Gv 14, 5-11 a)

“E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. (Gv 3, 14-16)

Penso che questi due brani non abbiano bisogno di altre spiegazioni. In Cristo si ricapitola la Storia d’Israele per inserirla nella Storia del mondo: in Lui si spiega definitivamente la parabola del serpente di rame e la sua provvisorietà, in attesa di Colui che, innalzato sulla Croce, donerà la vita a chiunque Gli si rivolgerà con viva fede. Cristo è l’immagine perfetta di Dio generata da Dio e da Dio inviata nel mondo perché ripristini quell’immagine e somiglianza a Lui che l’uomo aveva perso con Adamo. Chi vive in Cristo, è immagine e somiglianza di Dio. Il divieto è quindi caduto già all’atto della Creazione, se vogliamo testardamente rimanere ancorati alla versione paratattica. Non ci sono più scuse: la battaglia scritturistica è stata vinta!

Passiamo ora alle forme di devozione popolare nei confronti di immagini sacre custodite nelle nostre chiese. Penso che a nessuno salti in mente di chiedere una grazia ad un quadro o ad una statua: la si chiede a colui/colei che vi è raffigurato. Le statue e le altre immagini servono solo a rendere più facile la preghiera, fungono da tramite tra noi e il Cielo, non sono mai venerate come divinità a sé stanti. Anche quando le sacre effigi vengono incensate durante una festa, non è all’immagine che viene tributato l’onore, ma a colui o colei che vi è rappresentato. Persino quando un’immagine è interessata da un fenomeno scientificamente inspiegabile, non diventa “una divinità” da adorare, ma un mezzo attraverso cui Dio ci parla, ed è per quel motivo che tale immagine si protegge. L’adorazione spetta a Dio solo: per cui solo innanzi al Tabernacolo o all’Ostia consacrata ci si inginocchia, per amore verso Cristo Suo Figlio. La venerazione spetta a Maria e ai Santi, in modo da non prevaricare mai, nemmeno per pura devozione semplice e schietta, il culto dovuto a Dio nella Sua Trinità. Pertanto, passare dinanzi ad un’effigie e segnarsi, accendere una candela e pregare, non è venerazione alla statua, ma venerazione verso Maria o un Santo.

Allo stesso tempo, la Chiesa vigila su eventuali deviazioni da tale cultualità, magari da parte di persone poco edotte, in perfetta buona fede. Seguendo quanto accaduto nella Bibbia, la Chiesa, nella Sacrosanctum Concilium, dedica molto spazio alle arti sacre e alla loro importanza per una catechesi popolare. Per questo si bada alla loro convenienza artistica e all’atteggiamento corretto da tenersi dinanzi ad esse, confidando in una frequente catechesi al riguardo.


CAPITOLO VII

L'ARTE SACRA E LA SACRA SUPPELLETTILE

Dignità dell'arte sacra

122. Fra le più nobili attività dell'ingegno umano sono annoverate, a pieno diritto, le belle arti, soprattutto l'arte religiosa e il suo vertice, l'arte sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l'infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell'uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all'incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio. Per tali motivi la santa madre Chiesa ha sempre favorito le belle arti, ed ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente per far sì che le cose appartenenti al culto sacro splendessero veramente per dignità, decoro e bellezza, per significare e simbolizzare le realtà soprannaturali; ed essa stessa ha formato degli artisti. A riguardo, anzi di tali arti, la Chiesa si è sempre ritenuta a buon diritto come arbitra, scegliendo tra le opere degli artisti quelle che rispondevano alla fede, alla pietà e alle norme religiosamente tramandate e che risultavano adatte all'uso sacro. Con speciale sollecitudine la Chiesa si è preoccupata che la sacra suppellettile servisse con la sua dignità e bellezza al decoro del culto, ammettendo nella materia, nella forma e nell'ornamento quei cambiamenti che il progresso della tecnica ha introdotto nel corso dei secoli. I Padri conciliari hanno perciò deciso di stabilire su questo argomento quanto segue.

Lo stile artistico

123. La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l'indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l'arte del nostro tempo e di tutti i popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concento di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica.

124. Nel promuovere e favorire una autentica arte sacra, gli ordinari procurino di ricercare piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità. E ciò valga anche per le vesti e gli ornamenti sacri. I vescovi abbiano ogni cura di allontanare dalla casa di Dio e dagli altri luoghi sacri quelle opere d'arte, che sono contrarie alla fede, ai costumi e alla pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché depravate nelle forme, o perché insufficienti, mediocri o false nell'espressione artistica. Nella costruzione poi degli edifici sacri ci si preoccupi diligentemente della loro idoneità a consentire lo svolgimento delle azioni liturgiche e la partecipazione attiva dei fedeli.

Le immagini sacre

125. Si mantenga l'uso di esporre nelle chiese le immagini sacre alla venerazione dei fedeli. Tuttavia si espongano in numero limitato e secondo una giusta disposizione, affinché non attirino su di sé in maniera esagerata l'ammirazione del popolo cristiano e non favoriscano una devozione sregolata.

126. Quando si tratta di dare un giudizio sulle opere d'arte, gli ordinari del luogo sentano il parere della commissione di arte sacra e, se è il caso, di altre persone particolarmente competenti, come pure delle commissioni di cui agli articoli 44, 45, 46. Gli ordinari vigilino in maniera speciale a che la sacra suppellettile o le opere preziose, che sono ornamento della casa di Dio, non vengano alienate o disperse.

Formazione degli artisti

127. I vescovi, o direttamente o per mezzo di sacerdoti idonei che conoscono e amano l'arte, si prendano cura degli artisti, allo scopo di formarli allo spirito dell'arte sacra e della sacra liturgia. Si raccomanda inoltre di istituire scuole o accademie di arte sacra per la formazione degli artisti, dove ciò sembrerà opportuno. Tutti gli artisti, poi, che guidati dal loro talento intendono glorificare Dio nella santa Chiesa, ricordino sempre che la loro attività è in certo modo una sacra imitazione di Dio creatore e che le loro opere sono destinate al culto cattolico, alla edificazione, alla pietà e alla formazione religiosa dei fedeli.

La legislazione sull'arte sacra

128. Si rivedano quanto prima, insieme ai libri liturgici, a norma dell'art. 25, i canoni e le disposizioni ecclesiastiche che riguardano il complesso delle cose esterne attinenti al culto sacro, e specialmente quanto riguarda la costruzione degna e appropriata degli edifici sacri, la forma e la erezione degli altari, la nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico, la funzionalità e la dignità del battistero, la conveniente disposizione delle sacre immagini, della decorazione e dell'ornamento. Quelle norme che risultassero meno rispondenti alla riforma della liturgia siano corrette o abolite; quelle invece che risultassero favorevoli siano mantenute o introdotte. A tale riguardo, soprattutto per quanto si riferisce alla materia e alla forma della sacra suppellettile e degli indumenti sacri, si concede facoltà alle conferenze episcopali delle varie regioni di fare gli adattamenti richiesti dalle necessità e dalle usanze locali, a norma dell'art. 22 della presente costituzione.

Formazione artistica del clero

129. I chierici, durante il corso filosofico e teologico, siano istruiti anche sulla storia e sullo sviluppo dell'arte sacra, come pure sui sani principi su cui devono fondarsi le opere dell'arte sacra, in modo che siano in grado di stimare e conservare i venerabili monumenti della Chiesa e di offrire consigli appropriati agli artisti nella realizzazione delle loro opere.

Le insegne pontificali

130. È conveniente che l'uso delle insegne pontificali sia riservato a quelle persone ecclesiastiche che sono insignite del carattere episcopale o che hanno una speciale giurisdizione.

Come si può notare, le immagini sacre sono permesse dalla Chiesa in piena osservanza delle Scritture; si vigila affinché siano decorose e sappiano aiutare la catechesi senza attirare devozioni sregolate che le snaturerebbero. In definitiva: immagini sì, come efficace sussidio alle nostre preghiere.



Articolo sul sito: www.katholikos.eu/index.php?option=...d=11&Itemid=135

Edited by Dúnadan (A.P.) - 6/9/2012, 14:31
 
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Linus
view post Posted on 3/9/2012, 18:25




Ottime argomentazioni. Ritornerò con più tempo disponibile e maggiore attenzione. Al momento, ritengo molto interessante e da approfondire il riferimento al serpente di bronzo innalzato - prefigurazione di Cristo crocifisso - la cui costruzione è consentita. Mi pare un indizio da sviluppare.
 
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Dúnadan (A.P.)
view post Posted on 6/9/2012, 13:27




Complimenti! Davvero un bel gran articolo.

Ad ogni modo, che per un protestante sia un peccato - un "idolo" - la pietà di Michelangelo, si commenta da sé. Del resto, loro le opere d'arte preferiscono sfasciarle piuttosto che produrle.

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2 replies since 27/8/2012, 19:21   65 views
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